lineaitaliapiemonte.it - 21 marzo 2025, 12:03

Caso Mattei, lettera aperta del Siulp al Rettore: «anche un’idea errata ha il diritto di essere ascoltata»

«La recente decisione di negare lo svolgimento di un’iniziativa scientifica e didattica organizzata dal Professor Ugo Mattei, docente ordinario di questa Università, desta seria preoccupazione per il rispetto della libertà accademica e del pluralismo delle idee». Lo afferma, in una lettera aperta al Rettore dell'Università di Torino, il Segretario Generale Provinciale SIULP Torino Eugenio Bravo che cita il Saggio sulla Libertà di J.S. Mill: anche un’idea errata ha il diritto di essere ascoltata, perché solo nel dibattito aperto può emergere la verità. Riportiamo integralmente il testo della lettera

Caso Mattei, lettera aperta del Siulp al Rettore: «anche un’idea errata ha il diritto di essere ascoltata»

Lettera del Segretario Generale del SIULP di Torino al Magnifico Rettore dell’Università di Torino

Alla cortese attenzione del

Magnifico Rettore dell’Università di Torino

Oggetto: Difesa della libertà accademica e del pluralismo del pensiero

Magnifico Rettore,

mi permetto di rivolgermi a Lei con questa riflessione, con profondo rispetto per l’istituzione che guida e per la funzione essenziale che l’Università riveste nella formazione del pensiero critico e nella promozione del sapere libero.

La recente decisione di negare lo svolgimento di un’iniziativa scientifica e didattica organizzata dal Professor Ugo Mattei, docente ordinario di questa Università, desta seria preoccupazione per il rispetto della libertà accademica e del pluralismo delle idee. L’evento, dedicato a un’analisi storica e giuridica del conflitto tra Russia e Ucraina attraverso la proiezione del film Maidan. La strada verso la guerra, avrebbe visto la partecipazione di studiosi di indiscusso valore come i Professori Paolo Cappellini e Pasquale De Sena. Impedirne lo svolgimento, costituisce un atto senza precedenti nel panorama universitario italiano e solleva interrogativi sulla salvaguardia di principi fondamentali garantiti dalla Costituzione.

L’articolo 33 della Carta costituzionale stabilisce con chiarezza che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Questo principio non è un semplice enunciato, ma un pilastro della democrazia italiana, costruito sulla consapevolezza che la ricerca e la didattica non possono essere subordinate a vincoli ideologici o politici. Impedire il confronto accademico su un tema di rilevanza geopolitica, come quello di triste attualità, significa violare questo principio e cedere alla tentazione di un pericoloso controllo del pensiero.

Anche l’articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di espressione, è direttamente coinvolto in questa vicenda. Una società democratica si distingue proprio dalla capacità di tollerare il dissenso e di garantire a ogni posizione, purché fondata su argomentazioni razionali e metodologicamente rigorose, il diritto di essere espressa e discussa. Come ci insegnano autori del calibro di John Stuart Mill nel suo Saggio sulla libertà, limitare il confronto delle idee impoverisce la conoscenza collettiva e priva la società della possibilità di correggere errori o di affinare il proprio giudizio critico. Anche un’idea errata, secondo Mill, ha il diritto di essere ascoltata, perché solo nel dibattito aperto può emergere la verità.

Nel suo Discorso sulla dignità dell’uomo, Pico della Mirandola definisce la libertà di pensiero come la più alta espressione della dignità umana. Se l’Università rinuncia a questa missione, se cede alla tentazione di selezionare le opinioni lecite e quelle illecite, tradisce la propria ragion d’essere e si trasforma da luogo di sapere in uno spazio di conformismo. La storia ci insegna che le grandi conquiste intellettuali sono nate dal confronto e spesso dal contrasto di idee: il metodo socratico stesso si fondava sulla dialettica, sul dubbio, sulla necessità di mettere alla prova ogni convinzione.

Il pericolo dell’imposizione di un pensiero unico, di una visione monolitica della realtà, è stato denunciato da pensatori di ogni epoca. Hannah Arendt, nelle sue analisi sui totalitarismi, ha mostrato come il primo passo verso la repressione del dissenso sia sempre la delegittimazione del dibattito, la riduzione delle idee alternative a “pericoli” da eliminare. Orwell, nel suo 1984, ci ha avvertiti sulle conseguenze di un sapere controllato dall’alto, nel quale alcune verità diventano intoccabili e altre vengono cancellate.

Censurare il libero pensiero non è mai un antidoto contro il totalitarismo, ma anzi ne rappresenta l’anticamera.

Eppure, l’Università dovrebbe essere lo spazio per eccellenza della libertà intellettuale, dove ogni tesi può essere analizzata, discussa e, se necessario, confutata attraverso il metodo scientifico e non con la censura. La chiusura al confronto genera dogmi, e i dogmi sono la negazione stessa della ricerca del sapere.

Magnifico Rettore, questa non è una questione politica, né ideologica, ma un problema che riguarda il cuore stesso della missione universitaria. Qualunque sia il contenuto di un dibattito accademico, è quello oggetto della censura è di sicura rilevanza, è attraverso il confronto che il sapere progredisce. Negare questa opportunità non solo tradisce i principi costituzionali, ma priva gli studenti e l’intera comunità accademica della possibilità di sviluppare uno spirito critico autentico.

Per questo, Le chiedo di riflettere sull’importanza di garantire la libertà della ricerca e della didattica, affinché l’Università di Torino continui a essere un luogo di sapere e non diventi terreno di censura.

Con osservanza,

Segretario Generale Provinciale SIULP Torino

Eugenio A. Bravo

Redazione

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