Ho trovato curioso, e pure un po’ imbarazzante, parlare di “Guerra”, via webinar, dal mio confortevole salotto borghese. Il webinar riguardava un incontro a quattro, organizzato da una importante “associazione scientifica”, sul tema il “Riarmo”, e il dibattito sarebbe finito su Facebook, X, You Tube.
Immagino di essere stato invitato perché negli anni Ottanta ero il Presidente esecutivo del Consorzio Fiat-Iveco-Oto Melara (ci rimasi sette anni) che metteva insieme le capacità di innovazione, tecnologiche, produttive, commerciali dei due Gruppi, uno privato (Fiat), l’altro pubblico (EFIM). Oggi, quarant’anni dopo, si ripresenta lo stesso problema: riempire il “Magazzino” vuoto di armamenti, in ogni caso obsoleti.
Allora ero un CEO di business civili e nulla sapevo della “Guerra” ma mi fu facile entrare nelle sue logiche. Tucidide e Macchiavelli avevano descritto in modo perfetto il contesto, mai cambiato in 2.500 anni: un mondo caratterizzato dall’anarchia (salvo il post Pace di Westfalia e il post Yalta) dominato da una feroce competizione tra gli Stati per il “Potere”. La sintesi e’ sempre stata, ed è, il “Riarmo”, inteso come necessità per la sopravvivenza degli Stati stessi.
La chiosa sintetica della “Guerra” la dobbiamo all’immenso acume di Jean-Paul Sartre: “Quando i ricchi si fanno la guerra fra loro, sono i poveri a morire.
Un processo che si ripete da diecimila anni, e anche questa volta è successo. Nello scenario Ucraina-Russia-Medio Oriente, i figli dell’apparato putiniano sono a Dubai, quelli dei ricchi ucraini sono in Svizzera, il figlio di Benjamin Netanyahu è in Florida, quelli del vertice di Hamas sono in Qatar. Se l’Europa entrasse in guerra i figli maschi delle élite woke nostrane sarebbero iscritti nelle Università neozelandesi e australiane, ovvero acquisirebbero la cittadinanza di alcuni Stati-Isola, versando, mi dicono, un milione di dollari. Da giovane, questo sarebbe stato il mio destino (come plebeo) se la “Guerra” da “fredda” fosse diventata “calda”, per cui oggi sono attrezzato culturalmente per parlarne con il mio unico nipote maschio.
Quando si parla di “Guerra” questo è il campo politico-culturale (le parole chiave che lo caratterizzano hanno la maiuscola e le virgolette) entro cui ci si muove, in Occidente come in Oriente.
Gli anni Ottanta del Novecento (c’era ancora il Muro) per il mondo militare italiano furono gli anni del “Riarmo” inteso come rinnovo dei nostri “Magazzini”, perché la “Guerra”, oggi come sempre, la si fa rigorosamente con il “Magazzino” e con la “Plebe” che si ha. E oggi solo gli americani hanno in “Magazzino” l’arma suprema, i ”Satelliti” di Elon Musk. Vladimir Putin in Ucraina ha perso la “Guerra” il primo giorno, avendo perso le truppe speciali che dovevano, si dice, deporre il Presidente e sostituirlo con un fantoccio putiniano. Ha perso grazie alle informazioni satellitari trasmesse dalla CIA all’Ucraina. Trovate il tutto su Wikipedia.
Quindi ha dovuto ripiegare con una “Guerra” di trincea stile prima guerra mondiale, strategia condizionata appunto dal suo obsoleto “Magazzino”. Idiota per entrambi continuare questo tipo di guerra che non porta a nulla, se non all’aumento esponenziale dei morti e feriti dei soldati (tutti rigorosamente plebei, di entrambe le parti).
Il problema dell’Italia 2025 è molto semplice. Avendo i “Magazzini” vuoti per riempirli deve dotarsi da una dottrina militare, come fece quarant’anni fa. Primo atto, sarà assumere che le Forze Armate europee non ci saranno fino a quando non ci saranno gli Stati Uniti d’Europa (ammesso che i cittadini chiamati a votare accettino questo scenario, per molti da incubo). Questa volta correttamente, la baronessa Ursula VDL ha precisato che gli 800 mld in armamenti saranno pagati dai singoli Stati. Esattamente come avvenne negli anni Ottanta, quando però fu deciso su quali armamenti investire, bilanciati fra Terra-Cielo-Mare (oggi occorre aggiungere una quarta dimensione, lo Spazio). Riporto una frase di Giulio Andreotti di quel periodo: ”Ricordiamoci che la maggior parte dei nostri confini si affacciano sul Mar Mediterraneo”.
Prosit al colto e all’inclita guarnigione!
*Riccardo Ruggeri, operaio Fiat per 40 anni poi Ceo di New Hollande, manager, imprenditore, giornalista, editore, scrittore.
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