La verità non è unica ma ha più aspetti a seconda dei punti di vista di chi parla. Si sviluppa attorno a questo tema la commedia di Luigi Pirandello del 1917 dal titolo “Così è (se vi pare)”. Nella realtà quotidiana, possono dunque capitare situazioni di questo genere.
Casi simili non dovrebbero però verificarsi nei Bilanci. Questi contengono numeri, e il valore (la verità) dei numeri è uno solo. Talora, invece, succedono anche qui.
Prendiamo il Bilancio dello Stato 2025. Approvato dal Parlamento il 30.12.2024 (legge n.207/2024), qualche volta anche gli stessi soggetti che l’hanno preparato e approvato attribuiscono valore relativo ai numeri che contiene. Gli esempi non mancano. Ne facciamo uno con riferimento ad un argomento attuale, tra l’altro di diffusa discussione tra i cittadini.
Donald Trump chiede l’aumento delle spese per la difesa dei Paesi membri della NATO almeno fino al 2% del PIL. La NATO (North Atlantic Treaty Organization) è l’Alleanza militare fondata nel 1949, in cui sono presenti 30 stati europei più Canada e Stati Uniti, stati che s’impegnano a difendersi vicendevolmente in caso di attacchi militari da parte di terzi. Trump chiede addirittura una percentuale maggiore fino al 5% del PIL. L’Italia è membro della Nato.
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni assicura Trump che l’Italia aumenterà le spese per la difesa fino al 2%. Sembrerebbe che, alla fine, l’accordo in sede NATO potrebbe avvenire per il 3 - 3,5%. Esaminiamo l’impegno di spesa del 2% sulla base del Bilancio dello Stato 2025.
Per il 2025, il Bilancio prevede spese complessive per la difesa di 31,6 miliardi. Questo importo comprende tutto, dalle spese per il Ministro, a quelle per il personale militare e per l’esercizio delle funzioni ordinarie di questo, fino ai trattamenti provvisori di pensione. Dei 31,6 miliardi, soltanto 2,6 miliardi sono destinati ai “programmi di ammodernamento e rinnovamento degli armamenti, ricerca e innovazione tecnologica, comprese la formazione e la qualificazione del personale”.
Come detto, l’aumento delle spese per la difesa dovrebbe essere fino al 2% (od oltre) del PIL. Il riferimento al PIL (Prodotto Interno Lordo) ― valore di tutti i beni servizi prodotti dallo Stato in un anno, definito nel Bilancio economico nazionale, e sempre in bocca alla politica ma senza indicarne l’importo economico in soldoni ― richiede un’aggiunta di chiarimento.
Il 9 aprile, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Documento di Finanza Pubblica (DFP) 2025. Il DFP ― documento che viene inviato all’Unione Europea per illustrare i progressi finanziari compiuti rispetto agli anni precedenti in ottemperanza alle norme europee in materia ― analizza, tra l’altro, le grandezze principali della finanza dello Stato. Di queste, due hanno particolare rilevanza: il Debito pubblico e il PIL.
Il DFP prevede, nel 2025, un rapporto percentuale tra il Debito pubblico e il PIL al 136,6%, cioè il valore del Debito pubblico confrontato con il PIL. Con l’indicazione percentuale data, si può arrivare a definire in soldoni quanto vale il PIL, poiché il Debito Pubblico ― sempre in soldoni ― è valutato, mensilmente, dalla Banca d’Italia.
Alla fine del mese di febbraio 2025, la Banca d’Italia indica il Debito pubblico in 3mila miliardi. Trattandosi di una grandezza variabile, e tenendo conto del rapporto Debito/PIL del 136,6% stimato dal Governo, si può ipotizzare che il PIL oscillerà, nel 2025, tra 2200 e 2210 miliardi di euro. Ottimisticamente, consideriamo il valore massimo di 2210 miliardi
A questo punto, riprendiamo il discorso sul Bilancio dello Stato 2025. Prevede entrate complessive per 690 miliardi e spese complessive per 1.220 miliardi. Poiché ― come ben si vede ― tutte le entrate sono insufficienti per coprire tutte le spese, bisogna già ricorrere al Debito pubblico (attraverso vari passaggi contabili che prevedono il rimborso dei prestiti allo Stato in scadenza nel 2025, l’aumento è di 247,6.miliardi).
Tradotte in soldoni le informazioni sullo stato delle finanze pubbliche che la politica, intenzionalmente, dà sempre in termini oscuri di percentuali affinché il cittadino ― maggiore finanziatore della finanza pubblica pagando le tasse ― poco o nulla intenda, si possono mettere in fila i diversi valori.
Nonostante le ripetute assicurazioni di una diminuzione, il Debito pubblico continua a macinare un record dopo l’altro: oltre 100 miliardi in più da marzo 2024 a marzo 2025. Per il pagamento degli interessi di questo debito, il Bilancio dello Stato 2025 indica 100,7 miliardi di spesa, che salgono, nel 2027, a 109,6 miliardi. Pochi giorni fa, Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti dichiara che lo Stato paga 90 miliardi per interessi sul debito pubblico. La verità sta nelle cifre del Bilancio o nelle dichiarazioni del Ministro? Parrebbe che dovrebbe prevalere il Bilancio. Però anche qui si finisce nel campo del “così è (se vi pare)”.
Il PIL vale 2.210 miliardi. Se aumentiamo le spese per la difesa fino al 2% del PIL, la spesa complessiva sarà di 44,2 miliardi. Peggio se si dovesse arrivare al 3% del PIL (66,3 miliardi) o al 3,50% (77,3 miliardi). Drammatico il 5% che vorrebbe Trump (110,5 miliardi). Se il Bilancio ne prevede per il 2025 soltanto 31,6 miliardi, cioè soltanto la percentuale ufficialmente riconosciuta in sede internazionale dell’1,49%, non sembrerebbe possibile affermare ― come fa la politica ― che non occorre una maggior spesa. Siamo nuovamente finiti nel campo del “così è (se vi pare)”. La maggior spesa potrà trovare copertura o dalla riduzione (non accettata) di altre spese, o da debito.
In presenza di simili, ricorrenti balletti contabili, il cittadino ha però già tratto le proprie (amare) conclusioni. Vedendo come unica soluzione l’aumento del debito, parafrasa Antonio De Curtis, in arte Totò, e ripete: “E io pago”