Editoriali | 15 aprile 2025, 11:10

Ciclone Trump, e l’Unione Europea va a caccia del risparmio privato degli europei. Di Carlo Manacorda*

Con eccezionale tempismo, la Von der Leyen, unitamente al Libro Bianco sulla Difesa Europea, che prevede anche il ricorso a fondi di privati, presenta il progetto “Unione del risparmio e degli investimenti” (The savings and investments union – SIU). Ovvero la Commissione europea valuta che, nelle banche europee, siano depositati 10mila miliardi di soldi liquidi dei piccoli risparmiatori privati, improduttivi e senza rendimento per i proprietari. Per sostenere la competitività dell’industria europea, a cominciare dal tema della difesa, l'idea è di trasformare questi capitali privati in capitali produttivi creando strumenti finanziari che offrano ai risparmiatori un buon rendimento

Ciclone Trump, e l’Unione Europea va a caccia del risparmio privato degli europei. Di Carlo Manacorda*

Da qualche anno, l’Unione Europea (UE) deve far fronte a tempeste economiche.

Nel 2019, si manifestano i primi casi dell’epidemia Covid-19. Per sostenere la ripresa economica dei Paesi membri colpiti dalla pandemia, nel dicembre 2020 l’UE delibera il programma NGEU (Next Generation EU). Spesa: 750 miliardi di euro. Per disporre di questa somma, contrae prestiti sul mercato dei capitali. Emette cioè obbligazioni o utilizza altri strumenti di indebitamento, con rimborso dei prestiti a lunga scadenza (fino al 2058). Dà agli Stati membri il ricavato dei prestiti sulla base dei loro Programmi Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). 360 miliardi sono dati a prestito a tasso agevolato; la differenza come contributo a fondo perduto. Per il PNRR, l’Italia ottiene 191,5 miliardi. Circa 120 miliardi sono prestiti, sebbene a tasso agevolato; quindi con aumento del debito pubblico, fatto spesso trascurato. I rimanenti sono a fondo perduto.

Nel 2025, esplode il ciclone Trump. Nel programma elettorale, Donald Trump ― anche considerando che le guerre in corso (Ucraina e Gaza) stanno destabilizzando gli equilibri politici internazionali e che gli Stati Uniti stanziano per la difesa, a livello mondiale, la somma più alta (916 miliardi di euro nel 2023) ―, ipotizza di chiedere ai Paesi che fanno parte della NATO (North Atlantic Treaty Organization) ― l’Alleanza militare fondata nel 1949, in cui sono presenti 30 stati europei più Canada e Stati Uniti, stati che s’impegnano a difendersi vicendevolmente in caso di attacchi militari da parte di terzi ― un aumento delle loro spese per la difesa.

Nel 2014, la NATO ha stabilito che ogni Paese partecipante preveda di spendere per la difesa, ogni anno, almeno il 2% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL). 7 Stati dell’UE (più Canada) sono tuttora sotto questa quota. L’Italia è all’1,49%, con una spesa (bilancio 2025) di 31,6 miliardi. Pochi Paesi la superano. Trump chiede che la percentuale salga ben oltre, fino a raggiungere il 5% del PIL. Considerando che il valore del PIL italiano è, attualmente, di circa 2.200 miliardi, la spesa per l’Italia sarebbe di 110 miliardi. Ovviamente, le somme sono minori per percentuali inferiori del PIL: al 2%, 44 miliardi; al 3%, 66 miliardi; al 4%, 88 miliardi.

Eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, Trump “passa all’incasso” delle ipotesi di aumento delle spese per la difesa dei Paesi della NATO. L’UE deve quindi entrare in campo per aiutare gli Stati membri nel rafforzare le loro capacità militari.

Ancora nel programma elettorale, Trump promette sgravi e sconti generalizzati nelle tasse per i contribuenti statunitensi. Le risorse per queste riduzioni verranno dall’aumento dei dazi e delle tasse sulle importazioni. Il neo-Presidente si muove anche in questa direzione. Altro problema economico per la UE, ancora da affrontare.

Per rispondere alle richieste di Trump, il 19 marzo 2025 la Commissione europea presenta il “Libro bianco sulla Difesa Europea e il Piano ReArm/Europe/Preparati per il 2030”. Benché ora se ne sappia di più dal primo annuncio, il progetto è ancora molto vago negli sviluppi operativi ed economici. Una difesa comune dell’UE richiede analisi e azioni ben programmate. Per il quadro economico, il Piano prevede:

  • spesa totale dell’UE nei prossimi quattro anni, di oltre 800 miliardi di euro;

  • 150 miliardi di euro a carico del bilancio dell’UE, da acquisire (come per il Covid) con ricorso al mercato dei capitali, e da dare rapidamente ai Paesi UE ― che ne faranno richiesta per potenziare la loro difesa ― con prestiti agevolati a lunga scadenza;

  • coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per ampliare le possibilità di prestiti per progetti nel settore della difesa e della sicurezza;

  • partecipazione alla spesa anche mobilitando il risparmio privato;

  • esclusione delle spese per la difesa dei Paesi membri dai controlli europei, nei limiti consentiti dal Piano e per quattro anni.

L’UE ha dunque necessità di fare debiti subito per 150 miliardi. Qualora non dispongano di risorse proprie, per il potenziamento delle loro difese gli Stati dovranno mettere, nei bilanci, altri debiti per prestiti dati dall’UE o dalla BEI o da altri.

Con eccezionale tempismo, Ursula von der Leyen, il 19 marzo 2025, unitamente al Libro Bianco sulla Difesa Europea ― che nel quadro finanziario occorrente prevede, come detto, anche il ricorso a fondi di privati ― presenta il progettoUnione del risparmio e degli investimenti” (The savings and investments union – SIU).

La Commissione europea valuta che, nelle banche europee, siano depositati 10mila miliardi di soldi liquidi dei piccoli risparmiatori privati, improduttivi e senza rendimento per i proprietari. Per sostenere la competitività dell’industria europea, a cominciare dal tema della difesa, si possono trasformare questi capitali privati in capitali produttivi. D’altro canto, già il “Rapporto Draghi sulla competitività europea” indicava investimenti per la crescita economica dell’UE di 750/800 miliardi all’anno fino al 2030.

Il Progetto SIU prevede che l’UE creerà strumenti finanziari per attuare la suddetta trasformazione. Gli strumenti dovranno offrire ai risparmiatori un buon rendimento e facilitare l’accesso al mercato dei capitali anche delle piccole e medie imprese. Tutto ciò per arrivare ad essere indipendenti dagli Stati Uniti, favorire la realizzazione dell’Unione del risparmio e andare verso l’Unione europea del Sistema Bancario. Risulterebbe che buona parte dei 10mila miliardi appartengano a risparmiatori italiani.

I risparmiatori italiani hanno già sperimentato offerte governative di investire i risparmi depositati presso il sistema bancario in BTP, BOT, Buoni postali e simili, con promesse di guadagni. Non sempre ne sono stati soddisfatti. E’ auspicabile che l’UE sappia fare meglio.

Carlo Manacorda * Economista ed esperto di bilanci pubblici