Il crollo di Wall Street del 1929, causato da una eccessiva crescita del mercato azionario rispetto all’andamento dell’economia americana, si trascinò per tutti gli anni 30 e condusse ad una recrudescenza del protezionismo, che si manifestò principalmente con forti aumenti delle tariffe doganali. Venivano anche praticati i dazi differenziati sulla base delle relazioni politico commerciali fra i Paesi e anche accordi di scambi bilanciati su determinate merci contingentate
In Italia la politica dei dazi differenziati venne attuata con il Regio Decreto Legge 13 aprile 1933, n. 348, con il quale venne data facoltà al Governo di imporre ulteriori dazi fino al 50% della Tariffa generale, sulle merci provenienti da paesi che ostacolassero l’importazione di merci italiane.
Ma fu nel 1935, con l’Istituzione dell’Istituto Nazionale Fascista degli scambi con l’estero, che venne introdotto un sistema articolato di scambi regolamentati secondo determinati criteri. Le merci furono classificate sulla base delle seguenti categorie :
• merci di libera importazione;
• merci di licenza
• merci a contingente
• merci soggette ad autorizzazioni da rilasciarsi dalle dogane
Quindi, a seconda del tipo di merce e di nazionalità dell’esportatore il governo poteva decidere in quale categoria far decadere la merce. Ad esempio, si arrivò a dazi fino al 200% per i camion importati dagli USA, e ciò ovviamente per protegge la FIAT, mentre merci per le quali non esisteva una analoga produzione in Italia potevano anche non essere soggette a dazi.
I dazi proclamati trionfalmente da Trump il 2 Aprile avevano uno scopo puramente negoziale, (chiedi 100 per ottenere 10 o qualcos’altro). Ed il vero obiettivo è quello indurre l’interlocutore a trattare allo scopo di stabilire delle relazioni commerciali proficue per entrambi. Eventualmente l’accordo può anche prevedere l’assenza dei dazi.
Secondo gli storici Alberto e Giancarlo Mazzucca, l’idea di instaurare questo tipo di scambi bilanciati nei commerci internazionali era stata proposta dal senatore Giovanni Agnelli al ministro delle finanze Thaon di Revel, convincendolo con questa constatazione: “L’industria automobilistica dà lavoro a 400 mila persone, produce proventi fiscali attorno al miliardo di lire, ha effetti propulsivi su altri settori consumando 50 mila tonnellate di acciaio all’anno e 10 mila tonnellate di ghisa”.
Ma non vi era solo la necessità di salvaguardare l’industria e posti di lavoro qualificati perché con un disavanzo della bilancia commerciale di 2500 miliardi, come avrebbe potuto sopravvivere lo Stato rinunciando al miliardo di proventi fiscali della Fiat?
Il metodo che Trump sta impostando nelle contrattazioni internazionali è concettualmente simile a quello autarchico italiano degli anni 30. E così come già avvenuto in Italia, le misure protezionistiche di Trump potranno salvare l’America dalla deindustrializzazione provocata dalla globalizzazione. Sempreché Trump riesca a resistere ai tentativi di rovesciarlo o assassinarlo da parte degli oligarchi finanziari che hanno acquisito ricchezze immonde con globalizzazione, green e woke.
Imprenditori come Musk, Zuckeberg, Bezos che sono azionisti di società reali create da loro e non finanziarie pure, potranno trarre grandi vantaggi dall’autarchia, perché il governo USA, con gli scambi bilanciati, potrà proteggere le loro attività dalla concorrenza sleale e supportarle con incentivi agli investimenti per creare posti di lavoro agli americani.