Si racconta che durante la seconda guerra mondiale gli abitanti delle città, per procurarsi legna con cui scaldarsi, muniti di corde con arpioni e usando metodi e tecniche da cowboy, tirassero a riva tronchi e ogni sorta di legname trascinato da fiumi e torrenti. Cosi facendo ― sebbene per necessità ―, contribuivano alla tutela dell’ambiente.
Finita la guerra, arrivò il benessere. Ora per scaldarsi c’era il carbone, e poi il petrolio e, dopo ancora, il gas. Frattanto, si affermavano curiose e radicali ideologie ecologiste per cui l’ambiente va salvaguardato comunque nei suoi equilibri e senza interventi dell’uomo, ideologie ben assecondate da classi politiche affamate di consenso elettorale e con risorse pubbliche progressivamente in calo. Ci si scordò che anche fiumi e torrenti necessitano di considerazioni e attenzioni. E così, insieme a tanti altri (dissennati) interventi (cementificazioni selvagge, costruzioni di immobili in prossimità di corsi d’acqua, alterazioni dei loro naturali scorrimenti, ecc.), si lasciò che anche tronchi e legname vario navigassero in libertà in fiumi e torrenti.
Poi ci furono le inondazioni. In caso di abbondanti precipitazioni di pioggia, il legname navigante formò tappi soprattutto sotto le arcate di ponti, impedendo il naturale deflusso delle acque, con esondazioni se non addirittura crollo dei ponti. E qui occorrerebbe chiedere agli ambientalisti quali soluzioni propongono.
Dopo interminabili e (come al solito) inconcludenti discussioni, il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida emana ora un Decreto (10 marzo 2023) che, per l’argomento di cui si parla qui, è illuminante nell’oggetto: “Condizioni, criteri e modalità di ripartizione delle risorse del fondo per il finanziamento di progetti relativi alle attività di raccolta, da parte di imprenditori agricoli, di legname depositato naturalmente nell’alveo dei fiumi, dei torrenti, sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, in seguito a eventi atmosferici o meteorologici, mareggiate e piene”. Il provvedimento nasce da una norma già contenuta nella legge di Bilancio dello Stato per il 2023 (legge n. 197/2022, art. 1, comma 443) e che ripropone ― naturalmente attualizzato e contestualizzato ― l’argomento indicato all’inizio con i suoi sviluppi.
Scopo dichiarato dalla norma di bilancio: “Contenere i consumi energetici, promuovere la produzione di energia dalla biomassa legnosa e l’autoconsumo nonché prevenire il dissesto idrogeologico nelle aree interne”. La norma prevede un fondo di 500.000 euro annui a partire dal 2023 per finanziare i progetti indicati nel Decreto ministeriale indicato prima. Finalmente si sono date regole per un’attività che anche solo il buon senso avrebbe suggerito di fare da tempo senza inseguire fantastiche ideologie velleitarie. Ora non resta che sperare che le regole abbiano seguito e vengano applicate.
Il provvedimento del Ministro stabilisce le condizioni che consentono di beneficiare dei finanziamenti: presentare progetti con i contenuti individuati ogni anno dal Ministro entro il 31 marzo; che il progetto sia diretto a prevenire il dissesto idrogeologico; che la raccolta del legname sia destinata a produrre energia termica, e via discorrendo.
È certamente limitativo riservare gli interventi soltanto a imprenditori agricoli e forestali singoli o associati o ad associazioni di categoria o ambientaliste che coinvolgano gli imprenditori prima indicati. Benché sia la stessa norma della legge di bilancio che restringe il campo dei beneficiari, forse occorrerebbero un allargamento di questi soggetti e qualche ulteriore puntualizzazione sulla messa in atto del decreto. Ad esempio, qual è l’Autorità che autorizza la raccolta del legname, essendo beni demaniali le aree in cui la si può fare.
Ma tant’è. Ė comunque necessario che il Decreto ministeriale prenda un avvio poiché gli eventi atmosferici e meteorologici, le mareggiate e le piene che ormai ben conosciamo sono sempre più frequenti.