Economia allo specchio | 24 ottobre 2022, 07:46

Gas, energia elettrica e inflazione svuotano le tasche dei cittadini, ma riempiono le casse dello Stato. Di Carlo Manacorda*

Mentre la Caritas comunica a ottobre, nel Rapporto sulla povertà, che 5,6 milioni di concittadini sono in stato di povertà assoluta, il Ministero dell'Economia informa che, tra gennaio e agosto 2022, lo Stato ha incassato per tasse 42,2 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (+14,7%). Evidentemente lo Stato continua a svuotare le tasche dei cittadini e a riempire le proprie casse. Ecco chi paga di più e per che cosa

Gas, energia elettrica e inflazione svuotano le tasche dei cittadini, ma riempiono le casse dello Stato. Di Carlo Manacorda*

Il 17 ottobre ― in occasione della Giornata Internazionale di lotta alla povertà ―, la Caritas italiana ha presentato il 21° Rapporto sulla povertà del nostro Paese. Quasi 2 milioni di famiglie, che corrispondono a 5,6 milioni di persone, sono in stato di povertà assoluta e ricorrono agli aiuti della Caritas. Chiedono, in primo luogo, un aiuto per la sopravvivenza alimentare, ma anche un sostegno per pagare bollette della luce e del gas. Questo aiuto diventa sempre più urgente dal momento che le società che erogano luce e gas stanno stringendo le maglie e sospendono, senza più preavviso, l’erogazione del servizio. Il 23,6 % di coloro che si rivolgono ai centri della Caritas sono lavoratori poveri.

Nello stesso giorno, l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) ha comunicato che l’inflazione valutata sull’insieme dei prezzi al consumo dei beni sui quali viene contabilizzata (il cosiddetto “paniere dei beni” nel quale rientrano anche i costi energetici) ― ha raggiunto, nel mese di settembre 2022 e senza valutare l’incidenza del costo dei tabacchi, la percentuale annua dell’8,9 %. La percentuale sale al 10,9 % per il “carrello della spesa”, vale a dire misurandola con riferimento ai beni alimentari, per la cura della casa e della persona. Il “carrello della spesa” passa da un’inflazione del 9,6 % di agosto al 10,9 % di settembre.

Nello stesso mese di ottobre è stato pubblicato, dal Ministero dell’economia, il “Bollettino delle Entrate Tributarie 2022” che espone le entrate dalle tasse che sono arrivate, nelle casse dello Stato, nel periodo gennaio-agosto 2022. Rispetto allo stesso periodo del 2021, lo Stato ha incassato, complessivamente per tasse, 42,2 miliardi in più (+ 14,7%). Quindi, nonostante l’ampio e diffuso impoverimento dei cittadini, lo Stato continua a svuotare le tasche dei cittadini e a riempire le proprie casse.

Chi ha pagato di più? Hanno versato più tasse i lavoratori dipendenti e autonomi (IRPEF ― 8,8 miliardi in più, + 7,4%). Un modesto aumento delle assunzioni ― che certamente ha contribuito all’aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL) registrato nella prima parte dell’anno ― ha determinato un aumento delle ritenute sul lavoro. Anche le imprese ― che hanno contribuito, con la loro produzione, all’aumento del PIL ― hanno pagato più tasse. L’IRES, cioè l’Imposta sul Reddito delle Società, ha fruttato 11 miliardi in più (+ 76,2%).

14,7 miliardi in più arrivano dall’IVA (+ 16,4%). Ed è qui che si sentono le mani dello Stato che arraffano nel portafoglio dei cittadini. Tutti gli aumenti delle materie prime e dei beni di consumo indispensabili per la vita delle persone (dal pane, alla pasta, alla carne, alle verdure) hanno registrato aumenti anche rilevanti. L’IVA si calcola sul valore dei beni. Quindi, se aumenta questo valore, aumenta automaticamente anche la tassa che si paga su esso, cioè l’IVA. E l’IVA sull’acquisto di beni la pagano tutti, ricchi e poveri.

La politica è ben consapevole di questo fatto. Fa discussioni (e promesse) infinite dicendo che bisogna intervenire per “sterilizzare” cioè bloccare questi aumenti dell’IVA almeno per l’acquisto di beni indispensabili per la vita delle persone. Poi si constatano le difficoltà che ci sarebbero se si togliesse l’IVA sulla pasta, sul pane, sulla verdura, ecc.. Ne beneficerebbero i poveri ma anche i ricchi. Quindi, è meglio sospendere il discorso. E così lo Stato continua ad incassare bei quattrini dall’IVA pagata da ricchi e poveri.

Le cosiddette accise, cioè le tasse che si pagano su prodotti energetici (energia elettrica, gas metano, ecc.), benché ridotte dal Governo, hanno comunque generato maggiori entrate per circa 800 milioni. Quindi l’aumento del gas determina l’aumento delle bollette e delle relative “accise”.

E poi ci sono gli aumenti delle tasse che si pagano su quei beni che si potrebbero definire “della disperazione e dei vizi”. Cioè le tasse che derivano dai giochi (lotto, lotterie e macchinette da gioco). Più 2,5 miliardi, pari al 36,2%. Lasciando perdere i fenomeni di “ludopatia” ― cioè l’inclinazione al gioco che ha le caratteristiche di una malattia ―, colpiscono questi aumenti poiché diventano un indicatore di grave disagio sociale. Stati di necessità economica spingono a tentare la fortuna magari spendendo gli ultimi spiccioli di cui si dispone. Spaventosa l’impennata per le macchinette da gioco: si prevedono maggiori entrate, fino a fine anno, per oltre 3 miliardi (+ 498,0%). Qui si tocca con mano l’ambiguità dei comportamenti dello Stato: punisce il gioco d’azzardo se lo fanno altri, ma alimenta il proprio inventandosi ogni sorta di stratagemmi perché le tasse sui giochi portano quattrini nelle sue casse.

Completano i 42,2 miliardi in più tutte le altre tasse e balzelli imposti dallo Stato: tasse automobilistiche, sui tabacchi, di bollo, di registro, sulle successioni e donazioni, sui redditi di capitale, e via cantando, fino al canone televisivo, che rende allo Stato oltre 1 miliardo.

Un Ministro dell’economia di qualche anno fa (Padoa Schioppa) affermò che: “Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima”. Senza timore di essere smentiti, si può ritenere che nessuno sia d’accordo con questo giudizio sulle tasse. Semmai, pagare le tasse è una cosa necessaria affinché lo Stato possa darci i servizi pubblici.

Ma di servizi pubblici lo Stato ne dà sempre meno. In più, se li fa anche pagare ( ticket sulle prestazioni sanitarie, aumenti dei costi di trasporto pubblici, delle rette per gli asili nido, delle tasse scolastiche, ecc.). Allora cresce la rabbia del cittadino perché vede da un lato aumentare le tasse che deve versare per avere i servizi pubblici, e dall’altro continuare gli sprechi degli apparati pubblici che, comunque, sono pagati dai cittadini. Per dirne una ― ma se ne potrebbero aggiungere migliaia ―, folle di autisti nullafacenti seduti su automobili di gran lusso a disposizione di tutti coloro che hanno cariche pubbliche. E poi ci sono i 100 miliardi all’anno di evasione fiscale che lo Stato non si dà da fare per incassare, o i miliardi rubati su ecobonus e bonus sulla casa perché lo Stato non fa i controlli.

Far tirare un po’ la cinghia agli apparati dello Stato e degli enti pubblici e mettere più attenzione per non perdere miliardi forse consentirebbe anche di far pagare meno tasse ai cittadini.


*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici