Economia allo specchio | 15 settembre 2022, 22:41

Vergogna! Di Carlo Manacorda*

Ancora una volta, nel contesto di misure piene di buone intenzioni, riesce ad introdursi una manina che inserisce norme che nulla c'entrano. E così, zitti, zitti, inseriscono nel “decreto aiuti bis” una norma che cancella il tetto agli stipendi massimi pagabili ad alti dirigenti statali e anzi, cancella il tetto e non stabilisce alcun nuovo limite retributivo. Ma di chi è la “manina” in questione? C'è da rimanere sorpresi. O forse no...

Vergogna! Di Carlo Manacorda*

Quando si viene a conoscenza di comportamenti di politici contrari ad ogni principio di decenza, il giudizio da parte del cittadino non può che essere unico e senza appello: vergogna!

Il fatto è avvenuto durante l’esame, da parte della Commissione Finanze del Senato, del cosiddetto “decreto aiuti bis”. Il decreto prevede sostegni per 17 miliardi a lavoratori, famiglie e imprese in gravi difficoltà finanziarie a causa degli insostenibili aumenti dell’energia elettrica. L’esame deve procedere rapidamente per consentire la tempestiva approvazione del decreto e mettere subito a disposizione gli aiuti.

Una manina misteriosa inserisce nel decreto una norma che nulla ha a che vedere con le finalità del decreto stesso. Anzi, contrasta vistosamente con esse. Mentre si parla di aiuti a soggetti in gravi condizioni di bisogno, la norma in questione cancella quella che aveva stabilito che gli stipendi massimi pagabili ad alti dirigenti statali non potessero superare i 240 mila euro annui, somma corrispondente all’indennità che spetta al Presidente della Repubblica.

Beneficerebbero della più favorevole retribuzione: il capo della Polizia, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, il comandante generale della Guardia di Finanza, i capi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e di Stato maggiore, il Segretario generale della Presidenza del Consiglio, i Segretari generali dei Ministeri. E poi, a cascata, molti alti dirigenti ministeriali e di enti pubblici. Ma si sa che, nella Pubblica Amministrazione, basta aprire una breccia. Diventerà, in breve, uno squarcio in cui s’infileranno tutti coloro che rivendicano funzioni di responsabilità e pretendono un aumento dello stipendio.

Inoltre, la norma cancella il tetto ma non stabilisce alcun nuovo limite retributivo. Cosicché, l’aumento potrebbe diventare molto consistente in quanto verrebbe attinto ad un fondo a sua volta di entità non predefinita. Quindi anche rilevante. Per memoria, si può ricordare che questo tetto era stato stabilito dal Governo Monti nel 2011 in presenza di una crisi finanziaria dello Stato (forse inferiore all’attuale) e avendo constatato che le pubbliche amministrazioni avevano mani bucate nel pagare soprattutto i dirigenti. Il tetto è stato confermato dal Governo Renzi, che cercò di estenderlo anche alle aziende pubbliche controllate dallo Stato. Molte tuttavia hanno fatto e fanno orecchie da mercante a questa disposizione.

Fatta la frittata, resta però ignoto il cuoco. Ci si accusa, a vicenda, tra rappresentanti di partiti. Poi si insinua che l’emendamento è stato inserito dal Ministero dell’economia. Il Ministero ― occorre dire in forma assai fumosa e vaga ― però smentisce un suo coinvolgimento. Questo pasticcio irrita il Presidente del Consiglio Mario Draghi. Senza mezzi termini, fa notare di ritenere inopportuna la cancellazione del tetto mentre ci sono famiglie che faticano ad arrivare a fine mese a causa della crisi e imprese che, strozzate dal caro bollette, rischiano di chiudere, con gravissime ripercussioni sull’occupazione.

A questo punto, cerchiamo di tirare le fila sulla vicenda. Qualcuno, e in una sede assolutamente impropria, cerca di far passare una norma per favorire alcune categorie di soggetti. Il comico genovese Gilberto Govi ― che usava abitualmente l’espressione (ovviamente in dialetto genovese) per commentare azioni di soggetti presenti nelle sue commedie ― avrebbe concluso: “Perché avrà avuto la sua convenienza”. Poiché nella Commissione del Senato, dov’è avvenuto il fattaccio, sono presenti tutti i partiti, e l’emendamento è stato votato all’unanimità, si potrebbe concludere che tutti avevano la loro convenienza. Diversamente, si dovrebbe pensare che si vota un provvedimento di legge ― e il decreto aiuti bis era di particolare delicatezza ― senza averlo letto a fondo.

Andando avanti, troviamo funzionari e dirigenti dei ministeri che danno il benestare finale sulle leggi. Poiché la norma ― vistosamente fuori luogo ― avrebbe potuto riguardare anche alcuni di loro, non è che maliziosamente si potrebbe pensare che anche loro avevano la loro convenienza? Diversamente, dovendo avallare i provvedimenti che provengono dai politici, dovrebbero essere loro i primi a visionarli attentamente segnalando le incongruenze alla dirigenza politica: Ministri e Presidente del Consiglio. Ecco perché, alla fine, anche i componenti dell’organismo parlamentare, per esprimere un voto consapevole, dovrebbero leggere e approfondire ogni provvedimento prima di votarlo pensando che le conseguenze ricadono poi sui cittadini.

Se teniamo presenti tutti questi passaggi, forse i cuochi della frittata diventano molti.

Ora, per volontà del Presidente del Consiglio Mario Draghi, si è corsi ai ripari. La norma introdotta nel decreto aiuti bis ― magari con una forte delusione da parte di che sperava di avere il beneficio ― sarà cancellata, e tornerà il tetto retributivo dei 240 mila euro annui. Ciò non toglie che i comportamenti tenuti da molti, politici e non, per abolire il tetto meritino un solo e generale giudizio: Vergogna!.

*Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici