Che il bilancio del Comune di Torino sia in coma è fatto noto: buco di 888 milioni e
passa e debito che arriva a 4,2 miliardi. La nuova Amministrazione cerca di trovare qualche cura. Il Sindaco Stefano Lo Russo va dal Ministro dell’Economia Daniele Franco e chiede che gli dia una mano per tappare il buco e diminuire il debito. Strappa qualche promessa (ma si sa che la politica non nega mai una promessa). C’è poi il proverbio che dice: “aiutati che il ciel t’aiuta”. Conta, cioè, su chi sta in alto ma, intanto, datti da fare. E così l’Amministrazione studia le sue cure per ridare un po’ di ossigeno ai conti del Comune. Progetta (per la verità, senza grande fantasia) di aumentare le entrate per multe: 102 milioni di euro, 5 milioni in più rispetto al 2021.
Stesso progetto pensa per la Tassa sui Rifiuti (TARI). Per la TARI, prevede entrate per 212 milioni di euro, 6 milioni in più rispetto al 2021.
Ma la legge non sembra consentire che i due progetti possano camminare sulla stessa strada. Pensare di aumentare le entrate con le multe appartiene alle libere scelte dell’Amministrazione comunale. Questa fa sapere che l’aumento verrà dalla lotta serrata a chi non paga i verbali di contravvenzione. Pare infatti che sia pagato soltanto un verbale su due, fatto ben contrario ai principi della buona amministrazione. Inoltre, i Vigili saranno più severi per le violazioni al codice della strada (divieti di sosta, semafori rossi non rispettati, e quant’altro). Aumenteranno quindi le entrate per sanzioni.
Il caso della TARI è diverso. La TARI è una tassa totalmente regolata dalla legge.
Non sembra possibile utilizzarla per fare cassa. Gli importi che i contribuenti devono pagare sono puntualmente determinati dalle norme. Chiedere di più non dovrebbe essere lecito. Un’occhiata a queste norme e al sistema per la raccolta dei rifiuti scelto dal Comune di Torino può dunque aiutare per inquadrare il tema.
La TARI nasce nel 2013 (legge 147). Sostituisce tasse analoghe esistenti prima (Tia, Tarsu e Tares). È “destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti”. La pagano tutti coloro che posseggono o usano (per vari motivi) un immobile idoneo a produrre rifiuti urbani.
L’applicazione della TARI avviene in base a un regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 158/1999). Anche il Comune di Torino deve applicare questo regolamento per determinare la TARI che i torinesi pagano. Il decreto 158/1999 stabilisce che la TARI deve garantire la copertura integrale dei costi per il servizio di gestione dei rifiuti urbani, compresi investimenti e ammortamenti. Prevede poi, analiticamente, quali sono i costi di gestione: spazzamento e lavaggio di strade e piazze pubbliche, raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti, oneri per la raccolta differenziata, costo del personale, accantonamenti vari per rischi, ecc. Ma stabilisce anche che i costi devono essere valutati “al netto dei proventi della vendita di materiale ed energia derivante dai rifiuti e al netto di resi, abbuoni e sconti”.
Com’è noto, il Comune di Torino ha affidato il servizio di raccolta e gestione dei rifiuti urbani della città all’Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino (Amiat), un’azienda creata dallo stesso Comune. Quindi, per avere una visione completa, dal punto di vista finanziario, di come stanno le cose a Torino in materia di TARI occorre dare uno sguardo al bilancio di questa Società. Dal bilancio risulta che l’Amiat ha avuto, nel 2020, ricavi complessivi per 199,8 milioni di euro e costi complessivi per 180,0, con un utile di 19,8 milioni. La Relazione al bilancio sottolinea che l’86,2% dei ricavi è riferibile ai servizi resi al Comune di Torino per un ammontare complessivo di 172,2 milioni di euro.
Amiat dice dunque che, nel 2020, il costo dei servizi resi al Comune di Torino è stato di 172,2 milioni. Il decreto 158/1999 stabilisce che, per determinare gli importi della TARI, va approvato un piano finanziario che deve comprendere tutti i costi per la gestione dei servizi indicati dal decreto stesso e ricordati prima. Quindi i 172,2 milioni dovrebbero rappresentare il costo totale di questo piano. E Amiat afferma che “mantenere pulita Torino è uno dei suoi obiettivi”. E allora, come mai c’è una protesta quasi quotidiana per la sporcizia della Città, denunciata anche dal Sindaco? (La Stampa 10.02.2022). I 172 milioni sono forse sottostimati per fare tutti i servizi? O magari per fare uno sconto al Comune, e così poter giustificare le carenze nei servizi?
Il bilancio di Amiat evidenzia anche ricavi per 27,5 milioni di euro, non derivanti soltanto dal Comune di Torino. E infatti si legge, nella Relazione al bilancio, che ci sono stati ricavi per trattamento e riciclo dei rifiuti, bioenergia, vendita di carta, tessili e vetro, benché minori rispetto al passato. La legge stabilisce che la TARI serve per pagare l’intero costo del servizio di raccolta rifiuti “al netto dei proventi della vendita di materiale ed energia derivante dai rifiuti o per resi, abbuoni e sconti”. Quindi, i 27,5 milioni (o almeno parte di essi) dovrebbero andare a beneficio del servizio facendolo costare meno.
Guardiamo ora alle cifre del Bilancio del Comune di Torino. Qui si vorrebbero incassare 212 milioni, quando risulta che il servizio costa 172,2 milioni. Cioè, circa 40 milioni in più. È vero che il Comune di Torino affida la riscossione della TARI ad un’altra sua società: la SORIS. Ma può essere che le versi come corrispettivo della riscossione tutti i 40 milioni? Concludendo, in base ai numeri e tenendo conto delle norme, sembrerebbe che si possa addirittura diminuire la TARI anziché aumentarla. E non andrebbe male nel momento in cui tutti i costi aumentano.
Di fronte a questo quadro, il cittadino resta frastornato. Ma poi ― forse amaramente ― conclude che, alla fine, sarà sempre Pantalone a pagare per i buchi di bilancio e per una raccolta dei rifiuti spesso deludente.