lineaitaliapiemonte.it | 07 marzo 2022, 00:17

Russia: la guerra è già mondiale. Di Marco Corrini*

Mentre è dubbio se e quanto le sanzioni possano piegare la Russia, è certo che le conseguenze per noi sono e saranno pesanti. Inoltre la guerra non durerà in eterno e in un secondo momento dovremo tutti fare i conti la crisi di fiducia o la fuga degli investimenti orientali o extraoccidentali sul nostro territorio. Ma già ora le conseguenze di certe belle pensate rischiano di essere allarmanti. Basti considerare quali potranno essere gli effetti della decisione di aggredire gli interessi in Italia del miliardario russo Mordashov, divenuto proprietario della Lucchini dopo averla salvata dal fallimento, e che da sola rappresenta 2000 dipendenti

Russia: la guerra è già mondiale. Di Marco Corrini*

Penso sia ormai evidente a tutti che il blocco occidentale non ha alcuna intenzione di misurare la propria forza bellica con la Russia, e speriamo che tengano tutti in freezer le armi "pesanti".

La strada scelta ad occidente é quella delle sanzioni finanziarie contro la Russia, che sono epocali, eppure rischiano di essere inefficaci, se non addirittura controproducenti.

Vediamo perché.

Già nel 2014 il mondo occidentale ha tentato la strada delle sanzioni.

In quell'occasione, addirittura, si provò anche a colpire la Russia nel suo asset più importante: l'esportazione di idrocarburi.

Lo si fece in modo subdolo, in accordo con i paesi arabi che abbassarono, pro tempore, il prezzo del barile fino a farlo precipitare in terreno negativo, proprio per prendere per fame la Russia e i suoi oligarchi.

Ovviamente non poteva durare in eterno, ma la Russia ha inaspettatamente resistito, e addirittura reagito, avviando al suo interno produzioni capaci di supplire alle importazioni dall'estero e cementando nel contempo i suoi rapporti con Pechino e con gli altri paesi del Brics.

Ora, per gravi che siano le sanzioni odierne, é difficile pensare che possano provocare alla Russia più problemi del prezzo del petrolio azzerato sperimentato nel recente passato, anche perché petrolio e gas rappresentano il 57% del totale delle esportazioni russe, e i prezzi oggi sono ai massimi storici, portando quindi ai massimi anche le sue entrate valutarie.

Le sanzioni però hanno causato il crollo del Rublo, ma anche questa non é una novità in un paese che ha già sperimentato gli effetti del fallimento nel 1998.

La Russia é un paese che esporta circa il doppio di quello che importa, quindi chiude gli esercizi annui regolarmente in surplus; ha una riserva in valuta estera ed oro mostruosa; dall'occidente importa per lo più macchinari che può avere anche da oriente, ma all'occidente vende prodotti energetici ed agricoli indispensabili alle nostre economie, prodotti che in caso di allargamento del conflitto, può tranquillamente indirizzare a pari prezzo sui mercati orientali, senza alcun danno per la sua economia, ma con danni enormi per la nostra.

In pratica si rischia un boomerang devastante e lo stiamo toccando con mano in questi giorni proprio con gli aumenti delle bollette energetiche e dei generi di prima necessità.

Perfino aver tolto il collocamento dei titoli di debito russi dai mercati occidentali é ininfluente, perché il debito pubblico russo é solo il 20% del Pil e la sola cosa che si è ottenuta con questo provvedimento é stato il blocco del pagamento da parte russa delle cedole in scadenza per i titoli nelle mani degli occidentali.

Insomma: abbiamo danneggiato noi stessi, e lo abbiamo visto bene col terremoto in borsa che le sanzioni hanno provocato sui titoli delle banche italiane, insieme alle tedesche, le più esposte in Russia tra tutte quelle europee.

Certo, per collocare i propri titoli di debito la banca centrale russa ha dovuto alzare i rendimenti portandoli oltre il 20%, ma proprio la Fed, la Bce, e sopratutto la Banca centrale del Giappone, hanno dimostrato in questi anni come si può usare l'arma della monetizzazione del debito per fronteggiare le crisi finanziarie. In un paese in costante surplus commerciale come la Russia, peraltro con un debito pubblico relativamente bassissimo, sembrerebbe per logica, una strategia facilmente imitabile.

Insomma, non vedo come queste sanzioni possano concretamente mettere davvero in difficoltà la Russia.

Anche l'esclusione del paese dallo Switf é stata un'operazione azzardata, perché ha avuto l'effetto di sdoganare definitivamente il sistema di trasferimenti alternativo russo cinese Cips, finora tenuto come ruota di scorta, e che ora rischia di sottrarre al controllo occidentale una fetta davvero rilevante delle transazioni commerciali che si svolgono nel pianeta.

A ben vedere, se le sanzioni occidentali miravano a mettere in difficoltà la popolazione russa con insostenibili aumenti dei prezzi al consumo e col crollo del valore del Rublo, inducendola a ribellarsi a Putin, il solo fattore che vedo veramente utile allo scopo é il blocco dei circuiti Visa e Mastercard, dei quali si servono in 70% dei russi.

C'é però da dire che l'operazione Ucraina non è stata certo improvvisata, ma dettagliatamente pianificata, ed é impensabile che le autorità non abbiano predisposto un circuito di carte di credito alternativo.

Quanto all'aumento prezzi, che nell'immediato i problemi li provoca eccome, c'é da dire che sta strangolando anche noi e lo si apprezza andando ogni giorno nei negozi e nei supermercati.

Come si può ben intuire, il fenomeno inflattivo colpisce in modo più pesante i ceti poveri e medi, il chè in Russia significa quell'80% della popolazione che già é indebitato con le banche in ragione , mediamente, del 60% del proprio reddito.

Non bisogna peró dimenticare che da noi, tra povertà assoluta e relativa, c'é il 15% di italiani che si troveranno in lacrime e sangue, quindi non é che siamo messi tanto meglio, anche perché l'indebitamento medio delle nostre famiglie con le banche e molto superiore a quello dei russi.

Se poi si estende l'analisi a tutta la UE si scopre che l'indebitamento privato di imprese e famiglie é una vera emergenza e l'ormai certa impennata dei tassi di interesse (riguarda anche i mutui) rischia di trasformarsi in un disastro.

Storicamente, in questi casi, con la contrapposizione bellica, la soluzione é sempre stata stampare denaro accettando il rischio inflattivo residuo, ma una Russia che esporta il doppio di quello che importa e ha enormi riserve in valuta estera lo può fare, noi invece che lo facciamo col QE ininterrottamente da 4 anni, non é affatto detto che potremo continuare all'infinito.

A ben vedere, la sola cosa che può davvero mettere in una certa difficoltà la Russia a lungo termine, é l'embargo sui chip.

É quello che ha portato quasi al fallimento Huawey, ed é un palese elemento di criticità di tutto il blocco orientale , non so dire però se e quanto sarà determinante.

Determinante invece sarà l'atteggiamento avuto dai paesi occidentali nei confronti degli investimenti e dei capitali russi sui propri territori, con sequestri dei beni e congelamenti dei conti.

La guerra in Ucraina non durerà in eterno. Se vogliamo avere un termine di paragone, possiamo prendere la guerra nei Balcani, che vedeva in campo uno schieramento di forze in tutto simile all'attuale e che é durata 70 giorni.

A guerra finita dovremo tutti fare i conti la crisi di fiducia, la fuga, o la messa in protezione, degli investimenti e dei capitali orientali o extraoccidentali sul nostro territorio e questo sarà un grosso problema per la nostra economia

Ad esempio, la bella pensata di aggredire gli interessi del miliardario russo Mordashov in Italia non potrà non avere effetti sulla Lucchini, di cui il magnate é diventato proprietario salvandola dal fallimento, e che da sola rappresenta 2000 dipendenti e mezzo miliardo l'anno di fatturato.

Insomma, sperando che le testate atomiche restino dormienti, sul piano economico finanziario questa guerra é già mondiale, e quando tutto sarà finito dovremo tutti fare i conti con un inevitabile riassetto della finanza mondiale, e probabilmente con nuovi equilibri dai quali noi europei, e italiani in particolare, comunque vada, non usciremo di certo vincitori.

*Marco Corrini, scrittore, esperto di marketing