Suonano ancora nelle orecchie le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi che annunciava la semplificazione, cioè lo snellimento delle procedure della Pubblica Amministrazione, come uno degli obiettivi principali del suo Governo. E motivava che è nella farraginosità delle norme e nella loro scarsa trasparenza che si annidano i fenomeni di inefficienza della Pubblica Amministrazione, oltreché i comportamenti illeciti. Gli faceva seguito il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che, nell’enunciare i pilastri sui quali si baserà la sua Riforma della Pubblica Amministrazione, indicava anche la “buona amministrazione”, della quale la semplificazione è un presupposto indispensabile.
Tutti contenti? Eccome, pensando che ci saremmo liberati dalle vessazioni che subiamo, in continuazione, da parte della Pubblica Amministrazione per i suoi fumosi comportamenti. Ma ecco subito il controcanto alle assicurazioni date dal Governo in materia di semplificazione.
I cittadini di Torino (e si pensa degli altri Comuni) stanno ricevendo in questi giorni dal Comune ― tramite la Soris ― la richiesta di pagamento dell’Acconto per la TARI, la Tassa raccolta rifiuti, relativa al 2021. E sta bene. Il momento per chiedere pagamenti non sembra proprio il più opportuno, tenendo conto delle proteste in corso da parte di chi non ha più lavorato da mesi e quindi non ha prodotto rifiuti, ma neppure ha avuto reddito.
Ma ciò che sconcerta è che si precisa che il pagamento è dovuto per la TARI, ma anche per la TEFA, che significa: Tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente. Si tratta di una tassa pari al 5% della TARI, destinata alla Città Metropolitana di Torino per le funzioni che esercita in materia di tutela ambientale. Naturalmente, la richiesta del pagamento fa riferimento a un Decreto del Ministero dell’Economia del 1° luglio 2020 e a una Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E del 18/01/2021, atti ovviamente notissimi a tutti i cittadini e, quindi, che non necessitano assolutamente di chiarimenti (questo sempre dal punto di vista della trasparenza).
Sconcerta anche che si chieda il pagamento della TEFA ― una tassa istituita nel 1992, ma che, in tutti questi anni, ha avuto una vita non proprio lineare tra abrogazioni e riproposizioni ― sulla base di un semplice Decreto del Direttore Generale delle Finanze del Ministero dell’Economia ― decreto che, tra l’altro, stabilisce l’aliquota massima consentita ― senza neppure uno straccio di norma di legge che ne riaffermi l’obbligo di versamento e in che misura.
Naturalmente tutto questo avviene mentre i Governi che si sono succeduti nel Paese hanno sempre spergiurato che diminuivano le tasse a carico dei cittadini. Forse, per raggiungere l’obiettivo di far pagare più tasse, per la TEFA si è ritenuto di non mettere in piazza più di tanto questa intenzione. Si è dunque fatto ricorso a un Decreto di un Dirigente statale, sebbene di livello elevato. Di conseguenza, non ricorrendo a una norma di legge utile a riconfermare l’obbligo del pagamento della TEFA, di questo non se ne sono accorti neppure i Parlamentari (così parrebbe essere stato). Oppure l’han saputo, ma hanno preferito far finta di ignorarlo.