La benedizione dei trattori è una bella tradizione di questo Paese. Però uno potrebbe obiettare: che cosa vuol dire la benedizione di una macchina? Per il funzionamento di una macchina non serve una benedizione; il trattore è un prodotto tecnico, le condizioni del suo funzionamento sono le regole della costruzione tecnica, niente altro. Chi parla così ha ragione ma solo in parte. Naturalmente una benedizione non sostituisce una costruzione tecnica (…) corretta e neppure un'applicazione sicura di una macchina.
Ma la macchina non è un mondo chiuso in sé stesso; la macchina ha la sua origine in un' idea e in una volontà umana(...). La macchina fa parte del lavoro umano, è uno strumento del nostro lavoro. Benedire la macchina significa quindi: benedire il nostro lavoro, mettere nelle mani di Dio il nostro lavoro.
(…) La macchina dipende dall'uomo e dal suo ingegno ma l'uomo dipende da Dio. Le macchine, tutte le invenzioni tecniche, possono essere o benedizione o maledizione per l'umanità e oggi vediamo sempre più quest'ambiguità della tecnologia moderna. La tecnica è, così, buona o cattiva come è buono o cattivo l'uomo stesso. Dove l'uomo perde sé stesso, la dominazione della terra diventa distruzione della terra. Dove l'uomo perde sé stesso, la sua capacità tecnica diventa una minaccia diretta contro la sopravvivenza del genere umano. L'uomo perde sé stesso quando dimentica il suo Creatore, Dio. Dimenticando Dio non sa più decifrare il messaggio della sua natura, dimentica la sua misura e diventa per sé stesso un enigma senza risposta. Quando dimentichiamo Dio le cose diventano mute, sono solo materiale per fare qualcosa ma senza un perchè, vuote di ogni significato più profondo. Se ritorniamo a Dio le cose cominciano a parlare.
(…) La benedizioni dei trattori è una preghiera perchè il nostro lavoro stia nelle mani di Dio e della sua bontà; una preghiera affinchè il nostro lavoro e il nostro uso delle macchine non diventi distruzione ma costruzione della terra, costruzione di un mondo umano e preparazione della città futura , del giardino futuro, del regno di Dio.
(…) Il nostro lavoro umano , rappresentato in queste macchine , serve innazitutto per la nostra vita terrena: ci prepara il nostro pane quotidiano. Ma come l'uomo eccede tutto il mondo materiale , così anche il nostro lavoro ha una dimensione più alta che non la pura assicurazione della vita corporale. Il nostro lavoro è sempre necessariamente collaborazione; uno ha bisogno dell'altro e la macchina rappresenta anche questa interdipendenza: non cominciamo da zero, altri hanno pensato e lavorato per noi e lavorano così con noi (…).
Lavorando viviamo l'uno grazie all'altro, il lavoro crea comunità(...). Lavorare è umanizzare. Ma questo non è ancora tutto. Il lavoro per il pane naturale prepara anche il pane soprannaturale e si estende così anche alla preparazione della vita eterna. La liturgia della Chiesa, nella sua preghiera delle offerte, ci indica questo mistero, questa destinazione più alta del nostro lavoro: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell'uomo: lo presentiamo a te perchè diventi per noi cibo di vita eterna”.
(…) Il nostro lavoro prepara la presenza di Cristo, diventa nutrimento della vita eterna. Anche la macchina, strumento del nostro lavoro, non rimane estranea alla vita cristiana. Abbracciata dalla preghiera può diventare strumento di benedizione.
(…) Preghiamo che Dio con la sua bontà benedica il nostro lavoro.